IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza per la rimessione di questioni
 di legittimita' costituzionale alla Corte costituzionale.
   Nei  procedimenti riuniti di cui ai n. 3812/96 e altri promossi da:
 Mossini Carla ed altri (con gli avv.ti Valerio Cerritelli e  Giovanna
 Buttazzo, contro l'Ente Poste italiane (E.P.I.) (con gli avv.ti Ennio
 Baldi e Andrea Ambroz).
                       Svolgimento del processo
   1. - I ricorrenti hanno chiamato in giudizio l'Ente Poste  italiane
 (E.P.I.)  con  distinti procedimenti successivamente riuniti ai sensi
 dell'art. 151  disp.  att.  c.p.c.,  in  relazione  alla  sostanziale
 identita' delle questioni trattate.
   I  ricorrenti  hanno  dedotto  di  essere  stati  assunti al lavoro
 dall'E.P.I.  con contratti a tempo determinato,  che  contenevano  la
 indicazione generica ed indifferenziata che il rapporto a termine era
 collegato  a  particolari  esigenze  stagionali dell'attivita' svolta
 dall'ente  e  alla sostituzione di lavoratori temporaneamente assenti
 dal lavoro per varie ragioni, quali le malattie,  le  ferie  o  altri
 titoli.
   In tutti i ricorsi e' stata affermata la tesi che la assunzione dei
 ricorrenti  per lavorare a Bologna e in altre localita' della regione
 era invece collegata alla nota e  strutturale  carenza  di  personale
 necessario  per  le  mansioni che venivano affidate a tali lavoratori
 precari,  in  particolari  settori  dell'attivita'  dell'ente  ed  in
 specifiche  zone  e  citta  italiane  del  centro-nord.  Il fatto era
 dimostrato, tra l'altro, dal fatto che da anni e  tuttora  persisteva
 in  tali settori "un susseguirsi di personale assunto con contratti a
 termine", anche dopo l'avvenuta trasformazione della  amministrazione
 statale  delle  Poste  italiane  in  ente  e  dopo  la modifica della
 regolamentazione del rapporto di lavoro  con  la  introduzione  delle
 norme del diritto privato, dal 1994 in poi.
   La  difesa  ha  sostenuto  ed  argomentato che l'E.P.I. aveva fatto
 sistematico,  abusivo  ed  illecito  ricorso   alle   assunzioni   di
 lavoratori  con contratti di lavoro a termine, nel cui tenore e nelle
 cui applicazioni  ravvisava  violazioni  dei  precetti  dell'art.  2,
 secondo comma della legge 18 aprile 1962 n. 230.
   Tali  violazioni avrebbero prodotto la conseguenza della automatica
 trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato di  quello
 instaurato a tempo determinato secondo le norme di tale legge.
   Il  sistematico  comportamento dell'E.P.I. aveva dato origine ad un
 notevole numero di procedimenti promossi di  fronte  ai  pretori  del
 lavoro  anche  di  questa  citta' per le ragioni dette; da essi erano
 scaturite anche numerose sentenze favorevoli  ai  lavoratori  assunti
 come  precari,  che  avrebbero dovuto essere riassunti e mantenuti al
 lavoro con rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
   In presenza di questa situazione il Governo della Repubblica  aveva
 emesso  il  d.-l. 2 agosto 1996 n. 404, il quale all'art. 1 comma 21,
 aveva stabilito che  ai  contratti  di  lavoro  a  tempo  determinato
 conclusi dall'E.P.I. dalla data della sua costituzione come ente fino
 a  quella  della  sua trasformazione in societa' per azioni avrebbero
 dovuto continuare "ad applicarsi l'art. 3  della  legge  14  dicembre
 1965 n.  1376 e le norme del d.P.R. del 31 marzo 1971 n. 296".
   Tali  norme  avevano  disciplinato  le  "assunzioni  a  termine  di
 lavoratori precari" nella amministrazione  delle  poste  e  in  altre
 amministrazioni.
   Nei  ricorsi  che si esaminano e' stata affermata la illegittimita'
 costituzionale di tale  disposizione  del  decreto-legge  sotto  vari
 profili   ed   e'   stato   chiesto  dichiararsi  la  nullita'  o  la
 illegittimita' della apposizione del termine al rapporto di lavoro  e
 la reintegrazione dei ricorrenti nel lavoro.
   In  via  strumentale  rispetto  alle domande di merito la difesa ha
 argomentato i vizi di legittimita' costituzionale  ravvisabili  nella
 disposizione del decreto-legge nel modo riassuntivo che si riporta:
     "Si  chiede, in via subordinata, che la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 9 comma 21 del d.-l. n.  404  del  2  agosto
 1996 sia dichiarata non manifestamente infondata per violazione degli
 artt.  3,  4,  35, 39, primo comma e 77 della Costituzione e gli atti
 siano rimessi alla Corte costituzionale.
   Dell'art.  3  per  la violazione del principio di ragionevolezza in
 relazione  alla  retroattivita'  della  normativa  e  di  quello   di
 uguaglianza e parita' di trattamento.
   Degli  artt.    4  e 35 per la lesione del diritto al lavoro che la
 normativa de quo comporta.
   Dell'art. 39 primo  comma,  per  la  violazione  del  principio  di
 liberta'   sindacale,   comportando   la   normativa   impugnata  una
 abrogazione del C.C.N.L.
   Dell'art. 77 per la carenza dei requisiti di necessita' ed  urgenza
 che consentono l'emanazione di decreti legge".
   2.  -  L'E.P.I.  ha affermato nei vari processi la legittimita' del
 proprio operato nella  assunzione  dei  ricorrenti  con  contratti  a
 termine,  che  erano  stati  redatti in conformita' - tra l'altro - a
 specifiche pattuizioni sindacali, anche per il loro contenuto, per  i
 rinnovi e per i prolungamenti della durata dei rapporti a termine.
   In  via  ulteriore  l'E.P.I.  ha eccepito che l'art. 9 comma 21 del
 d.-l. 1 ottobre 1996 n. 510 - che aveva sostituito  la  norma  citata
 del  decreto-legge n. 404/1996 - aveva disposto che "le assunzioni di
 personale con contratto di  lavoro  a  tempo  determinato  effettuate
 dall'ente   "Poste   italiane"  a  decorrere  dalla  data  della  sua
 costituzione e comunque non oltre il 30 giugno 1997, non possono  dar
 luogo  a  rapporti  di  lavoro  a tempo indeterminato e decadono alla
 scadenza del termine finale di ciascun contratto".
   3. - Nella prosecuzione del processo la difesa delle Poste italiane
 ha ricordato che la norma citata del decreto-legge 1 ottobre 1996  n.
 510  era  stata  convertita  ad opera della legge 28 novembre 1996 n.
 608.
   4. - La difesa dei ricorrenti  ha  insistito  nelle  conclusioni  e
 nelle   argomentazioni   perche'   venissero   rimesse   alla   Corte
 costituzionale le eccezioni di legittimita' costituzionale  proposte,
 con   esclusione  di  quella  che  si  riferisce  all'art.  77  della
 Costituzione.
                         Motivi della decisione
                      La rilevanza delle eccezioni
   5. - Le eccezioni sollevate sono rilevanti ai fini della  decisione
 delle controversie all'esame del giudice.
   La  influenza  delle  questioni  della  legittimita' costituzionale
 dell'art. 1, comma 21, secondo periodo, della legge 28 novembre  1996
 n.  608  e'  gia'  stata  esaminata  e risolta positivamente da altri
 pretori del lavoro in controversie dal contenuto identico o analogo a
 quello di questo processo, come risulta dalle ordinanze di rimessione
 alla Corte costituzionale di eccezioni in tutto o in parte analoghe a
 quelle sollevate in questo giudizio.
   In tali ordinanze e' stato ritenuto che la  norma  citata  preclude
 l'accoglimento  delle domande volte ad ottenere la declaratoria della
 nullita' o della illegittimita' della apposizione della  clausola  di
 durata  nei contratti di assunzione al lavoro da parte dell'E.P.I.  e
 preclude la conseguente affermazione della esistenza di  un  rapporto
 di lavoro a tempo indeterminato.
   In  effetti domande analoghe a quelle di questo giudizio sono state
 presentate in vari altri procedimenti, decisi con la sentenza n.  291
 pronunciata il 18 marzo 1997  da  un  altro  pretore  del  lavoro  di
 Bologna,  il  quale  ha ritenuto manifestamente infondate le analoghe
 eccezioni di legittimita' costituzionale  sollevate  in  controversie
 simili.
   Appare pertanto dimostrata, anche molto concretamente, la rilevanza
 delle eccezioni.
                               Sul merito
                     La delibazione dele questioni
   6.1.   -   Si   e'   detto   che  le  eccezioni  di  illegittimita'
 costituzionale sollevate in questo processo  -  che  ha  per  oggetto
 ricorsi  promossi  e depositati nel mese di settembre 1996 - dapprima
 nei confronti dell'art. 1, comma 21 del d.-l. 2 agosto 1996 n. 404, e
 successivamente nei confronti  dell'art.  9  comma  21  del  d.-l.  1
 ottobre 1996 n. 510 e della stessa norma della legge 28 novembre 1996
 n.  608,  sono  state  ritenute non manifestamente infondate da altri
 pretori del lavoro e sono state rimesse  per  il  giudizio  spettante
 alla  Corte  costituzionale con riferimento alle norme degli artt. 3,
 4, 35, 39, 41,  101,  102  e  104  della  Costituzione,  con  diverse
 prospettive,   quali   risultano  dalle  ordinanze  pubblicate  nella
 Gazzetta Ufficiale.
   Tale  fatto  potrebbe  essere  ritenuto  sufficiente   ad   evitare
 un'ulteriore  delibazione  della  condizione  necessaria  perche' una
 eccezione venga rimessa al giudizio della Corte costituzionale.
   L'art. 23 della  legge  11  marzo  1953  richiede  al  giudice  una
 delibazione  limitata  alla  manifesta  infondatezza della eccezione,
 cosi' da consentire nel modo piu' ampio possibile  alle  parti  e  ai
 loro  difensori di far valere le ragioni dell'asserita illegittimita'
 costituzionale di una norma di fronte alla Corte, in ogni caso in cui
 appaia una seria controvertibilita' della compatibilita' tra la legge
 ordinaria e le norme e i principi costituzionali.
   Tuttavia rimane doveroso per il giudice  dar  conto  delle  ragioni
 della  decisione  presa,  nel compiere l'opera di filtro e di tramite
 tra le istanze delle parti e la Corte costituzionale; cio'  anche  se
 nel  caso la pluralita' delle ordinanze pronunciate per la rimessione
 delle eccezioni e la relativa omogeneita' delle ragioni  addotte  per
 ritenerle  non  manifestamente infondate potrebbero ridurre al minimo
 questa motivazione.
   6.3. - Il pretore ritiene di dover  esporre  alcune  considerazioni
 per  sottolineare  particolari  aspetti del problema della sospettata
 illegittimita' della norma.
   In  particolare  ritiene  utile  richiamare  quanto  esposto  nella
 ordinanza  pronunciata  dal  pretore  di Milano con l'ordinanza del 3
 febbraio 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 2 aprile  1997
 n. 14 serie speciale.
   Nella  motivazione  di  tale decisione, anche se agli effetti della
 valutazione di rilevanza delle eccezioni sollevate,  il  pretore  nel
 procedere alla analisi del contenuto della disposizione dell'art.  9,
 comma  21  seconda  parte,  della  legge  n. 608/1996, ha individuato
 l'effetto sostanziale della nomina  in  "una  modifica  a  posteriori
 delle  regole  preventivamente date", corrispondente all'"intento del
 legislatore ... di congelare l'automatismo previsto dal  primo  comma
 dell'art. 1 della legge n. 230/1962, per un periodo di oltre tre anni
 e  con  specifico  riferimento  ai  contratti  a termine "irregolari"
 stipulati  dall'E.P.I.  gia'  conclusi  o  ancora  in  corso,  ovvero
 stipulandi  fino  alla  fine  del  giugno '97"; cio' "alla luce della
 stessa  lettera   della   norma,   tenuto   conto   della   esplicita
 retrodatazione dei suoi effetti alla data di costituzione dell'ente".
   E'  stato  affermato  che il legislatore aveva voluto rafforzare la
 liberta' di azione dell'ente nella assunzione di personale  precario,
 "consentendogli   di  continuare  a  stipulare  contratti  a  termine
 atipici, senza costi in termine di stabilita' dei relativi rapporti".
   Nella decisione richiamata, si aggiunge: "Di quali siano  state  le
 ragioni,  coerentemente  tradotte nella formulazione della norma, che
 hanno spinto prima il Governo e poi il Parlamento ad  imboccare  tale
 via,  da' - d'altra parte - una chiara testimonianza il dibattito che
 ha preceduto la sua conversione in legge e  la  stessa  accettazione,
 come  da  verbali  della  seduta  della  Camera  dei  deputati del 27
 novembre 1996, da parte del Governo dell'ordine del giorno Boghetta e
 Strambi n. 9/2698/1 (non sottoposto per tale ragione a votazione) e -
 quindi - dell 'impegno "a garantire comunque l'assunzione  di  quanti
 hanno  proposto  e vinto ricorso in prima istanza o inoltrato ricorso
 prima dell'emanazione del decreto n. 404 del 1966".
   Appare percio' opportuno riportare il  testo  di  tale  ordine  del
 giorno:
   "La   Camera,   considerato  che  l'Ente  Poste  italiane  continua
 erroneamente ad utilizzare, in  misura  abnorme,  personale  a  tempo
 determinato,  anche  dopo  la  modifica della natura contrattuale del
 rapporto di lavoro, da pubblico a privatistico,  conseguentemente  al
 mutamento  della  struttura  giuridica dell'ente; considerato che, in
 base a questa situazione, tutti i lavoratori precari dell'Ente  Poste
 italiane hanno maturato il diritto all'assunzione; considerato che il
 Governo,  con  l'art.  9,  comma 21, interviene retroattivamente onde
 impedire l'assunzione di personale superiore alle effettive  esigenze
 dell'Ente,  al  fine  di  evitare  ulteriori  ingiustizie; impegna il
 Governo: a garantire comunque l'assunzione di quanti hanno proposto e
 vinto  ricorso  in  prima   istanza   o   inoltrato   ricorso   prima
 dell'emanazione del decreto n. 404 del 1966".
   6.4.   -  Nella  ordinanza  citata  e'  stato  anche  esaminato  il
 comportamento dell'ente dalla sua  costituzione  per  quanto  attiene
 alla  gestione  del  personale,  che  era  stata  favorita  sul  tema
 specifico dalla disposizione dell'art. 8 del C.C.N.L. del 26 novembre
 1994 che prevede la possibilita' di estensione  dei  casi  di  lecito
 ricorso ai contratti di lavoro a termine.
   Tale  comportamento dell'ente aveva condotto all'attuale situazione
 dell'ente,  che  e'  messa  in   evidenza   sia   dalle   persistenti
 inefficienze   funzionali   e   operative,  sia  dalla  protesta  dei
 lavoratori, che si traduce in un contenzioso giudiziario sempre  piu'
 diffuso,  (ulteriore  indice di scarsa capacita' gestionale) bloccato
 in questa materia dall'imperio della norma in esame.
   Nella  ordinanza  ricordata  si   aggiunge   che   "le   violazioni
 riscontrate" (nei contratti a termine esaminati dallo stesso giudice)
 "non  sempre  o  non  necessariamente  sottintendono  la  carenza dei
 presupposti sostanziali, che hanno a  monte  influenzato  le  deroghe
 introdotte in via legislativa o contrattuale alla regola della durata
 indeterminata  dei  rapporti  di  lavoro  subordinati, ... senz'altro
 rivelano una diffusa noncuranza ... dei vincoli di forma, imposti  al
 fine di darne una preventiva e puntuale attestazione".
   Le considerazioni riportate dal pretore di Milano potrebbero essere
 ripetute  e  documentate da questo giudice, che ha constatato - e non
 solo in questo genere di controversie -  le  sistematiche  violazioni
 delle  regole  poste  dalla  legge  per  i  rapporti di lavoro con il
 personale, compiute per scelta o per ignoranza o per noncuranza, come
 una  diffusa  illegalita' presente nella amministrazione dei rapporti
 di lavoro dei dipendenti, una  amministrazione  dapprima  di  stretto
 contenuto  e  stile  burocratico,  tipico  dei  pubblico  impiego,  e
 divenuta poi privata e dall'apparenza di moderna managerialita',  che
 sembra  trovare  soltanto  in se' medesima, e nell'affermata esigenza
 della ristrutturazione con  la  riduzione  del  personale,  i  propri
 criteri  e  le  uniche  referenze  di  condotta,  con la quasi totale
 noncuranza dei principi e delle norme  che  regolano  il  lavoro  nel
 diritto privato.
   7.   -   Il   problema  sollevato  nei  giudizi  promossi  riguarda
 l'annullamento e la rimozione per imperio  di  legge,  con  efficacia
 retroattiva, non solo delle aspettative di fatto legittimamente sorte
 nei  lavoratori assunti con contratti a termine, ma dei veri e propri
 diritti acquisiti in base al contratto di  lavoro  in  corso  e  alle
 norme che lo disciplinano.
   l  lavoratori  precari  sono  stati assunti e si sono presentati al
 lavoro nel presupposto di una determinata disciplina  contrattuale  e
 di  legge,  che  e' stata invece modificata con efficacia retroattiva
 dalla norma in esame, per tentare cosi' di  porre  rimedio  non  solo
 alle  incapacita' gestionali della direzione dell'ente, ma anche alla
 sistematica  violazione  della  legalita'  per  quanto  riguarda   la
 assunzione  e  la  utilizzazione  del  lavoro  del personale precario
 destinato ad attivita' operative.
   Sotto un aspetto sostanziale la norma in esame viene a coprire  con
 la   sua  efficacia  vincolante  gli  effetti  del  comportamento  di
 sistematica illegalita' voluta e perseguita per anni dall'ente, e  di
 fatto autorizzata dalla norma per tutto il '96.
   La  norma  della cui legittimita' si discute segnala sotto un primo
 aspetto la rottura del principio  di  uguaglianza  e  del  canone  di
 razionalita',   in   quanto   con   essa  si  realizza  non  solo  la
 cancellazione di diritti di lavoratori e la modificazione  di  regole
 valide  per tutti i soggetti privati, imprenditori e lavoratori, e si
 stabilisce un vero e proprio  privilegio  e  un  diritto  speciale  a
 favore   dell'ente  che  era  stato  responsabile  delle  illegalita'
 compiute.
   Tale disuguale trattamento disposto a favore dell'ente dalla  norma
 -  rispetto  alle  leggi  applicabili  per le altre imprese e per gli
 altri lavoratori dipendenti di enti sottoposti al  regime  privato  -
 viene   realizzato  con  il  sacrificio  del  diritto  acquisito  dai
 lavoratori, in base a norme che hanno stabilito la tutela particolare
 del lavoro e dei lavoratori poste a fondamento della  Repubblica,  di
 cui agli artt. 4 e 35 della Costituzione.
   Si  aggiungono  alcuni  ulteriori  spunti che potranno essere usati
 nell'approfondimento da compiersi nel giudizio.
   Nel primo approccio al fenomeno del vasto e  crescente  contenzioso
 anche  giudiziario  determinato dal comportamento descritto dell'ente
 nella materia dei contratti a termine il Governo ritenne di  adottare
 con  il d.-l. 2 agosto 1996 n. 404, la via del richiamare in vita con
 efficacia  retroattiva,  le  disposizioni  che  avevano  regolato  la
 assunzione  ed  il  lavoro dei c.d. trimestrali nella amministrazione
 delle Poste italiane, prima della sua trasformazione in ente e  prima
 della modifica del rapporto di lavoro dal regime del pubblico impiego
 a quello privatistico del rapporto di lavoro comune.
   La  norma  introdotta  presento'  - tra l'altro - il molto equivoco
 connotato di apparire una interpretazione legislativa  con  efficacia
 retroattiva,  sovente  adoperata  in  anni  passati  per  risolvere e
 troncare  con  risolutezza   decisionale   problemi   non   semplici,
 sopratutto  sotto il profilo economico-finanziario, per lo Stato e il
 parastato.
   Si potrebbe dire -  figurativamente  -  che  la  citata  norma  del
 decreto-legge  intendeva  "riesumare", sotto l'aspetto non vero della
 continuita' ("continuano ad applicarsi"), le norme che regolavano  la
 assunzione  dei c.d. "trimestrali" nella amministrazione delle poste;
 norme abrogate dal d.-l. 1 dicembre 1993  n.  487,  convertito  nella
 legge 29 gennaio 1994 n. 71, istitutivo dell'E.P.I.
   E' vero, in fatto, che l'E.P.I., pur dopo la sua istituzione, aveva
 proseguito  ad applicare le vecchie ed abrogate disposizioni, con una
 palese illegittimita' e con il criterio di autorefenzialita'  di  cui
 si  e'  detto  e  con  il  consenso di una parte delle organizzazioni
 sindacali di categoria.
   Nei confronti di tale genere di norme la Corte costituzionale negli
 anni passati in piu' di un'occasione ha dichiarato la  illegittimita'
 costituzionale  di  tali  interventi  normativi;  in  alcuni  casi ha
 riaffermato e ripristinato la legalita' costituzionale; in  altri  ha
 ritenuto che la discrezionalita' delle scelte del legislatore dovesse
 essere salvaguardata.
   Nella  vicenda  in  esame,  dopo le reazioni manifestatesi rispetto
 alla improvvida normativa di urgenza - di cui  i  ricorsi  di  questo
 giudice  sono  una  espressione  - il Governo ha adottato una diversa
 metodologia politica e di tecnica della legge rispetto alla scelta di
 cui al decreto-legge n. 404/1996.
   Infatti nella prima parte dell'articolo della  norma  in  esame  e'
 stata  inserita  una  promessa:  "I  lavoratori che a decorrere dal 1
 gennaio 1994 abbiano prestato attivita' lavorativa  con  contratto  a
 tempo  determinato  alle dipendenze dell'ente "Poste italiane", hanno
 diritto di precedenza, nei termini  e  alle  condizioni  delle  norme
 contrattuali  e  di apposito accordo con le organizzazioni sindacali,
 in caso di assunzioni a tempo indeteminato da parte dell'ente  "Poste
 italiane"  per la stessa qualifica e/o mansione fino alla data del 31
 dicembre  1996;  i  lavoratori  interessati  debbono  manifestare  la
 volonta' di esercitare tale diritto entro il 30 novembre 1996".
   Tale disposizione non assume rilevanza nel presente giudizio, anche
 se  sono  stati mossi rilievi e sospetti di illegittimita' nella gia'
 citata ordinanza del pretore di Milano.
   Di fatto la disposizione configura "un diritto di precedenza"  alla
 assunzione  a  tempo indeterminato dei lavoratori trimestrali precari
 che hanno lavorato per l'E.P.I. tra  il  1  dicembre  1994  e  il  30
 novembre   1996,   che  viene  sottoposto  al  verificarsi  di  molte
 condizioni,  tra  l'altro  in  gran   parte   rimesse   alle   stesse
 determinazioni dell'E.P.I., quale possibile datore di lavoro.
   Non  e'  difficile  ne'  temerario  aspettarsi  che nel giudizio di
 fronte  alla  Corte  costituzionale  sara'  sostenuta  dalle   difese
 dell'ente  e  dal  Governo la legittimita' costituzionale della norma
 per la quale e' questione, anche sotto il profilo che la disposizione
 riportata realizza una forma di realizzazione, o  come  e'  stato  in
 altri  casi  affermato,  di  "soddisfazione"  deI diritto al posto di
 lavoro che la norma di cui alla seconda parte cancella e sopprime nel
 caso concreto nel modo di cui si e' detto.
   La lettura della disposizione della prima parte dell'art. 1,  comma
 21, mostra invece, con ogni evidenza, come si tratti di una di quelle
 promesse  politiche  che  sono  state  ripetutamente  formulate negli
 ultimi  anni  rispetto  al  grave   problema   della   disoccupazione
 giovanile,  di cui questi processi sono una manifestazione. In questa
 situazione la promessa e' stata fatta  propria  dal  legislatore,  in
 modo  tale  da rappresentare la speranza e la lusinga che serva a far
 passare  di  fronte  alla  Corte  costituzionale  il  dato  negativo,
 costituito  dalla  non  equivoca  e  discriminatoria soppressione dei
 diritti fondati su norme valide per tutti.
   In sostanza la promessa legislativa dovrebbe servire - tra  l'altro
 -  a superare la denunciata violazione del criterio di ragionevolezza
 legislativa, realizzata con la differenza di trattamento, che  sembra
 fondato  solo  sulla  necessta'  di  dare  una  qualche  sistemazione
 all'illegittimo comportamento dell'E.P.I. nei  confronti  dei  propri
 "trimestrali"  e  di contribuire in tal modo ad affrontare l'"immenso
 deficit di bilancio" dell'E.P.I., che e' "interamente a carico  della
 collettivita' nazionale".
   Da  qui  le ragioni "di evidente ordine economico e finanziario sia
 di ordine etico (posto che si trattava di impedire che fosse  portata
 a  compimento  quella  specie di lotteria del posto fisso nella quale
 poteva essere inquadrata la vicenda)"  come  e'  stato  affermato  in
 alcune  decisioni  pretorili  che  hanno giudicato manifestamente non
 fondate le eccezioni di legittimita' costituzionale, della "pur grave
 misura del mutamento retroattivo delle regole".
   Per  quanto  riguarda  il  profilo  di  fatto  esposto   la   Corte
 costituzionale  ha  gli  strumenti  per  verificare come sia stato in
 concreto realizzato l'impegno di cui alla  norma  citata,  per  poter
 valutare in concreto la portata delle disposizioni.
   10.  -  Si  ritiene utile riferire che per quanto si constata nella
 quotidiana attivita' giurisdizionale dal 1997 l'E.P.I. ha iniziato ad
 assumere dipendenti con contratti di formazione lavoro, per  i  quali
 si  manifesta  contenzioso anche in ordine alle proroghe della durata
 di tali contratti a termine.
    11.  -  Appare  superfluo  richiamare  in  questa   ordinanza   le
 precedenti  sentenze della Corte costituzionale, nelle quali e' stata
 valorizzata, sotto il profilo della ragionevolezza  delle  leggi,  la
 esigenza  della  certezza giuridica nei rapporti giuridici preteriti,
 come un cardine della convivenza e della tranquillita' dei cittadini.
   In un periodo ed in  una  situazione  come  quelli  attuali  appare
 importante affermare in concreto il principio della affidabilita' dei
 cittadini,  ed  in  particolare  dei  lavoratori, rispetto al sistema
 delle leggi; naturalmente a partire dai principi e dalle norme  della
 Costituzione, tuttora vigenti e validi e percio' da rispettare, sotto
 il  controllo  della Corte costituzionale, cui sono rivolte le attese
 dei cittadini.
   12. - Il Pretore individua le norme ed i principi costituzionali di
 riferimento per il giudizio sulla legittimita'  costituzionale  della
 norma esclusivamente in quelle citate nel dispositivo.